I tanto desiderati alveoli del nostro pane o della nostra pizza non sono altro che i “buchi” che si presentano all’interno della mollica.
L’alveolatura del pane può essere gestita intervenendo su diversi fattori: l’acidità dell’impasto, la percentuale di lievito, il tempo di fermentazione, la temperatura di lievitazione, la percentuale di idratazione, la percentuale di sale e la tecnica dello staglio.

Per generare degli alveoli di grosse dimensioni (tra l’altro i più ambiti e difficili da ottenere) si può ad esempio aumentare l’idratazione dell’impasto (il glutine ha una minore resistenza e lascia di conseguenza unire le bolle piccole in bolle grandi), si può utilizzare una farina più debole, o prolungare la fase di fermentazione (la pressione delle bolle strappa la maglia glutinica, ormai denaturata dalle proteasi, e le lascia unire), oppure si fa un secondo rimpasto senza stringere molto, cioè senza applicare eccessiva pressione nella formatura, o ancora, si evita un folding eccessivo che rompe nuovamente le bolle di grandi dimensioni.
Anche gli impasti eccessivamente acidi sono caratterizzati da un’alveolatura molto ampia, dovuta alla “disgregazione” del glutine da parte degli acidi ma, siccome è una condizione negativa, è opportuno evitarlo.

L’autolisi è tra i processi di lavorazione più utilizzati per generare un pane dotato di ampia alveolatura ma non è l’unico. Possiamo utilizzare impasti indiretti con biga o poolish, oppure cambiare la tecnica di lievitazione se in massa o meno. Aumentare la puntata e diminuire l’appretto, oppure viceversa. Importante è infornare il nostro pane a 3/4 della sua lievitazione, ma per far si, dovremo conoscere le proprietà del prodotto che utilizziamo. Ovvio che le farine non sono tutte uguali, esistono quelle deboli, quelle medie, e quelle forti. Più è forte la nostra farina, più proteine avrà al suo interno, più acqua richiederà. Ma non solo. Farine integrali e semi-integrali, così come tutte le farine provenienti da grani pseudo-antichi, macinate a pietra, assorbiranno maggiormente umidità poiché ricche di fibre e crusca a differenza delle farine “piatte” quale una 0 o una 00.
Per ottenere, al contrario, un’alveolatura molto fine e numerosa è sufficiente fare l’opposto (diminuire l’idratazione, diminuire l’acidità ecc. ecc..), oppure si raffina la pasta con il mattarello: durante la spezzatura del nostro impasto, si prendono i pezzi monoporzioni ottenuti, si appiattiscono, si allungano e si procede a formare la pagnotta desiderata. In questo modo gli alveoli più grandi vengono rotti e resi omogenei.
Tuttavia, se ottenere un pane molto alveolato è una caratteristica molto ambita, per difetto lo stesso non va bene per la preparazione di panini con salse piuttosto liquide: gli alveoli non trattengono ermeticamente le salse e le fanno uscire. Quindi il mio consiglio è quello di pensare sempre al prodotto finito e a ciò che dovremmo preparare. Ma soprattutto pensare al gusto del nostro pane e concentrarci su quei sapori che ricordano il pane della nostra nonna. Senza troppi sé e senza troppi ma.
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